Citywire
• Osservatorio Global Bonds •
Dopo aver segnalato in seguito alla riunione del Comitato Esecutivo di fine gennaio l’intenzione di procedere con maggiore pazienza nel determinare gli aggiustamenti alla politica monetaria nel futuro di breve/ medio periodo rispetto a quanto accaduto nel 2018, la Fed ha confermato nelle ultime settimane tali istanze accomodanti. Il Governatore Powell e numerosi altri membri votanti del FOMC infatti – pur mantenendosi piuttosto ottimisti riguardo alle condizioni della maggiore economia mondiale – hanno ripetutamente sottolineato come la traiettoria del costo del denaro dipenderà strettamente dall’andamento di occupazione, inflazione e crescita, elencando al contempo i rischi di natura esogena ed endogena che gravano attualmente sull’outlook.
A differenza di quanto fatto trapelare a fine 2018, inoltre, i vertici di Constitution Avenue si dicono ora intenzionati a portare a termine entro fine 2019 il programma di riduzione del bilancio, che consta attualmente di 50 miliardi di dollari al mese, allo scopo di non ridurre eccessivamente la liquidità disponibile sui mercati finanziari e limitare pertanto l’incremento del costo del servizio al debito pubblico e privato. Sull’altra sponda dell’Atlantico, la BCE – attraverso le dichiarazioni più recenti del Governatore Draghi – ha, invece, evidenziato come il rallentamento del Vecchio Continente si stia rivelando più duraturo e significativo di quanto stimato negli ultimi mesi dell’anno scorso. L’Eurotower, quindi, dopo aver posto fine al programma di acquisti di titoli Governativi e Corporate a fine dicembre, potrebbe essere costretta a rinviare il primo rialzo del tasso di riferimento – oggi previsto non prima della prossima estate – ed eventualmente a lanciare una nuova asta TLTRO (Targeted Long Term Refinancing Operations) al fine di sostenere l’erogazione di credito da parte del settore bancario. In conseguenza del succitato, marcato, ridimensionamento del ritmo della stretta monetaria annunciato dalla Fed, cui si sommano in quasi tutti i casi le limitate pressioni inflattive sul fronte interno, numerose banche Centrali Emergenti stanno agendo o lasciando intendere la volontà di agire in senso espansivo.
Il mercato obbligazionario globale rispecchia certamente il quadro monetario sopra descritto, ma risulta al contempo influenzato anche dall’andamento della propensione al rischio legata a fattori politici e geopolitici tra i quali spicca per importanza la trattativa commerciale in corso tra Washington e Pechino, che pare sul punto di concludersi positivamente. Gli spread creditizi dei Corporate denominati in Euro e Dollari sono infatti sensibilmente scesi sia in ambito Investment Grade sia, soprattutto High Yield: il differenziale rispetto ai Governativi di questi ultimi è diminuito di 80 e 120 punti base in Europa e negli USA da inizio 2019. Molto positiva, inoltre, è la performance nell’ultimo bimestre dei Governativi sia denominati in “hard currency” sia in divisa locale di gran maggioranza dei Paesi Emergenti le cui divise stanno beneficiando dei nuovi intendimenti della Fed apprezzandosi nei confronti di Dollaro ed Euro. Gli yield dei Treasury statunitensi – considerati asset sicuro – invece, pur mantenendosi ben al di sotto dei livelli dello scorso autunno, sono aumentati a febbraio di una decina di punti base lungo tutto lo spettro delle scadenze nonostante le dichiarazioni della Fed e si attestano oggi poco oltre il 2.5% su scadenze biennali e il 2.70% sulle decennali. In leggera risalita, nel secondo mese dell’anno, anche la curva dei Governativi tedeschi che permane, tuttavia, negativa fino agli otto anni.
Più marcato, invece, nelle ultime quattro settimane l’aumento del costo del servizio al debito pubblico italiano (rispettivamente pari a 15 e 8 punti base sulla parte breve e lunga della curva) sul quale continua a gravare l’incertezza politica e la recessione economica che rendono fosche le prospettive del debito pubblico del Nostro Paese. Se l’attuale contesto macroeconomico – caratterizzato da limitata inflazione, crescita moderata e cautela delle principali Banche Centrali – si manterrà invariato, gli High Yield e i Governativi Emergenti sembrano destinati a proseguire nella recente sovraperformance. Qualora, viceversa, l’espansione economica accelerasse significativamente o le valutazioni degli asset finanziari tornassero ad apparire eccessive spingendo la Fed a un nuovo cambiamento di rotta in senso restrittivo, una nuova risalita dei rendimenti sarebbe inevitabile con conseguenze nefaste per tutta l’asset class e in particolare per le aree (Corporate ed Emergenti) attualmente più favorite.