Corriere Torino
• 27 aprile 2020 •
Intervista di Massimiliano Nerozzi
Presidente e ad del family office «Tosetti Value»: «Conte e Cirio ascoltino le eccellenze del territorio. Dobbiamo tornare a una normalità educata con senso di responsabilità»
TORINO – Premessa alla chiacchierata: «Non amo chi pontifica, perché nessuno ha la verità assoluta in tasca». Però, a richiesta, Dario Tosetti un suggerimento a chi pilota il Paese o la città, lo dà, in questa epoca di pandemia: «Fossi in loro, ascolterei le eccellenze del territorio». Detto da chi, da fondatore, presidente e ad del family office «Tosetti Value», assicura consulenza a famiglie, aziende e istituzioni, tutelando patrimoni da milioni di euro. «Aggiungo: #iorestoacasa è stato un hashtag molto utile, ma ormai ha un po’ stancato. È ora di affiancargliene un altro, #iosonoresponsabile. La sicurezza sanitaria è ovviamente fondamentale, ma non vorrei che dietro nascesse ipocresia, che può diventare pericolosa».
Morale, bisogna ripartire: «Diverse attività dovrebbero riprendere anzi, alcune, avrebbero già dovuto farlo». Entrando al settimo piano di corso Marconi 10, per 44 anni quartier generale di casa Fiat, la prima domanda traccia il segno dei tempi: «Vuole una mascherina?».
Sul tavolo ci sono due flaconcini di gel igienizzante: «All’entrata c’è il termometro, ma mi sono chiesto se fare anche la tac, così siamo tranquilli. Battute a parte, il rischio non sarà mai zero, finché non ci sarà un vaccino. Bisogna non esagerare». Soprattutto adesso: «Se uno lavora non significa se ne infischi della salute: in caso contrario, ci sono persone che restano a casa, e clienti che hanno bisogno».
C’è un bel quadro di Alighiero Boetti, caro a Tosetti, che dice: «Le cose nascono dalla necessità e dal caso». Ecco, questo è uno di quei momenti: «Siamo in una situazione delicata. E #iosonoresponsabile significa prendere spunto da questo shock e cercare di trasformarlo in positività».
Esempio istantaneo: «Tagliare la burocrazia, ma davvero. Possibile che siamo riusciti ad allestire ospedali in una settimana, quando in genere ci mettiamo anni? Facciamone tesoro e diventiamo un Paese normale». Le spie di allarme non mancano: «Sta venendo meno la classe media, un problema enorme». E la classe politica, si deduce, non aiuta: «Vedo caos». Non è una sorpresa: «A volte, chi accetta dei ruoli non ha le competenze per farlo e così finisce per essere disallineato con la realtà: io non farei mai il direttore della Nasa».
Le persone sono stufe: «Ricoprire una carica istituzionale non è semplice, ma molti, prima promettono, poi tradiscono». Qualcosa si può fare: «Dobbiamo tornare a una normalità educata, e ritrovare un senso di responsabilità. Sennò siamo bravissimi a parlare dei sacrifici, che però devono fare gli altri». Basterebbe guardarsi attorno: «Abbiamo tante eccellenze del territorio, che andrebbero ascoltate: perché andremo incontro a dei problemi seri, dal punto di vista economico. Chi lavora nella ristorazione, ha negozi, alberghi, società di eventi, sta vivendo un dramma». Qui deve intervenire il pubblico: «Sento dire, “dovete alternare i clienti o dovete distanziarli di due metri”. Ma i costi?». Ma bisogna fare in fretta: «Bene ha fatto Christillin a sottolineare le necessità dell’Egizio. La cultura è un asset importane e va tutelato». Come chi sa fare scienza e impresa: «Mi piacerebbe fare il tifo e aiutare chi ha le competenze per ricoprire determinati ruoli». Di nomi ce ne sono tanti: «L’ingegnere Saracco è una persona preparata; conoscono Paolo Damilano, figura interessante. Ma a Torino ci sono famiglie di imprenditori straordinarie, che hanno donato milioni di euro, senza farsi alcuna pubblicità». Non è l’unica strada, ma una via sì: «Chiediamo pareri e consigli ai più esperti nei singoli settori, ma non esperti perché si vendono bene, ma perché lo dicono i numeri». Come non sempre si fa: «Ho letto grandi curriculum, per carità, ma una cosa mi ha colpito subito nella squadra di Colao: non c’è alcun imprenditore».