Il Sole 24 Ore
• 31 luglio 2020 •
Testo di Maximiliam Cellino
“Il Paese deve puntare a diventare un hub del settore”
“Dobbiamo riportare nel nostro Paese i risparmi delle famiglie italiane». Dario Tosetti punta il dito senza mezzi termini verso una delle eterne questioni che caratterizzano l’industria del risparmio gestito in Italia, seconda al mondo quando si parla di ricchezza dei privati, ma molto più indietro nelle classifiche globali se invece si guarda alla quota di questo risparmio che viene effettivamente gestita all’interno dei confini nazionali.
«Da tempo l’Italia è diventata terra di conquista per i gestori stranieri», avverte il fondatore di Tosetti Value, uno dei principali Multi- Family office in Europa, ricordando come fra i primi 30 asset manager a livello globale trovino posto soltanto due nomi italiani, Intesa Sanpaolo e Anima, con una quota complessiva che si attesta attorno all’8% e che è dunque decisamente
inferiore al peso del nostro Paese in termini di ricchezza delle famiglie su scala mondiale. «Spiace osservare che in uno dei paesi più ricchi del mondo anche per risparmio privato, non si siano create le condizioni, salvo pochissimi casi, per la creazione di asset manager di livello europeo e globale, competitivi in termini qualitativi e quantitativi», prosegue Tosetti, sottolineando anche come col tempo le società italiane abbiano piuttosto incrementato la propria presenza presso paesi a fiscalità agevolata intra-Ue come Lussemburgo e Irlanda: «Stimiamo – ricorda a questo proposito – che solo il 41% delle masse gestite da Sgri taliane o ricollegabili a gruppi italiani siano infondi italiani, mentre il 46% sono fondi lussemburghesi e 1’11% irlandesi».
«Occorre invertire questa tendenza, creare un progetto e suggerire ai grandi gruppi di tornare a investire sul settore per attirare talenti come un tempo e grazie a queste competenze e qualifiche andare a nostra volta alla conquista del risparmio negli altri Paesi», suggerisce dunque Tosetti, avendo chiaro in mente anche quali siano gli elementi che da tempo frenano l’espansione dei nostri player, A cominciare dai costi poco competitivi dei prodotti (dei quali si parla in modo più approfondito nell’altro articolo in pagina), per proseguire con l’appena citato terna dei regolamenti e della fiscalità che inaltre aree sono più favorevoli e concludere con le dimensioni relativamente ridotte, che limitano la capacità di trarre vantaggio da economie di scala.
Sotto quest’ultimo aspetto, Tosetti accoglie con favore il consolidamento in atto nel settore bancario nel nostro Paese con l’operazione Intesa Sanpaolo-Ubi ormai in dirittura d’arrivo e vedrebbe di buon occhio un fenomeno simile anche nel risparmio <<a patto che i vantaggi che si ottengono grazie alle fusioni siano poi trasmessi anche ai clienti». A questo proposito, la via da seguire fornita dal presidente del Family Office indicherebbe come prerogativa principale «riequilibrare gli investimenti, finora sbilanciati a favore della distribuzione, per destinarli alla gestione vera e propria, acquisendo così maggiori competenze in modo trasformarsi da preda a predatore nel panorama internazionale». Un progetto ambizioso, quello di fare dell’Italia un«hub del risparmio gestito», che non può tuttavia prescindere alla sua base da una sorta di cambiamento culturale, nei gestori così come negli stessi risparmiatori. E che proprio per questo motivo è forse ancora più stimolante da conseguire.