Il Sole 24 Ore
• 9 luglio 2019 •
Testo di Lucilla Incorvati
Il Mise qualche settimana fa ha previsto che per svolgere l’attività del family officer si deve essere iscritti in un apposito elenco
Anche chi si occupa di family office in Italia dovrà farlo attenendosi ad alcune regole. Qualche settimana fa il ministero dello Sviluppo economico ha stabilito che i family officer operanti in Italia dovranno essere iscritti a un registro, così come avviene nel mondo della consulenza finanziaria di reti e banche. I poteri di verifica dei requisiti necessari e conseguente iscrizione sono stati affidati all’Associazione italiana family officer (Aifo).
L’Italia arriverebbe dopo che già altri Paesi si sono già mossi. Il Lussemburgo, per esempio, regolamenta questa figura professionale con norme che definiscono i soggetti che possono svolgere la professione punendo severamente l’abusivismo con sanzioni fino a 5 anni di reclusione e 125mila euro di multa. Ma non tutti sono d’accordo sull’arrivo dell’ennesimo registro in presenza di un albo dei consulenti, il registro dei fee only e quello delle Sim di consulenza. «È il tentativo di disciplinare un’attività che al momento è molto delicata e che per le caratteristiche che presenta nel nostro Paese non necessita dell’ennesima infrastruttura regolamentare che ne aggrava i costi – sottolinea l’avvocato Roberto Spada con una lunga esperienza nel settore. – In Italia il fenomeno dei grandi family office non è ancora presente – racconta – almeno nelle dimensioni che si conoscono all’estero con grandi staff che seguono varie aree (dall’immobiliare all’assicurativo, dal private equity alla selezione dei gestori)».
Come spiega Spada, certamente ci potrà essere un’evoluzione in tal senso ma allo stato «molte famiglie che si affidano ai family office lo fanno solo per specifiche questioni – dettaglia Spada – ma non mi è ancora mai capitato di incontrarne uno che segue dal bollo dell’auto all’iscrizione dei figli a scuola. Nelle nuove generazioni di queste famiglie c’è il desiderio di voler diversificare magari con deal internazionali e questo sicuramente porterà ad una evoluzione del settore».
Dello stesso avviso Dario Tosetti, fondatore della storica Tosetti Value, oggi Sim di consulenza indipendente attiva da molti anni a Torino. «Ritengo che se c’è necessità di mettere ordine in questo ambito – sottolinea Tosetti – lo si possa fare all’interno di quella cornice regolamentare che già esiste. Andare ad organizzare le professionalità con l’ennesimo registro a mio avviso serve solo a confondere le idee mentre è sufficiente lavorare all’interno della normativa in essere. Voler etichettare mi sembra, a mio modesto avviso, l’ennesima trovata di marketing mentre quello che conta è la vera trasparenza dell’attività e ovviamente come la si svolge».