Economia e Finanza

Il Sole 24 Ore

• 14 febbraio 2020 •

Testo di Maximiliam Cellino

Il fondatore di Tosetti Value, uno dei principali Multi-Family office in Europa, vede ancora una volta troppa emotività tra gli investitori

«Io controllo i rischi e i costi».
È un vero e proprio slogan quello che si sente di lanciare ai risparmiatori Dario Tosetti – fondatore di Tosetti Value, uno dei principali Multi-Family office in Europa – non a caso nei giorni in cui riecheggia la campagna «io resto a casa» per scongiurare l’ulteriore diffusione del coronavirus in Italia. E come da un lato esiste l’urgenza di tutelare nell’immediato la salute pubblica, dall’altro in un’ottica di medio termine gli italiani potrebbero trovarsi di fronte ad altrettanto improvvise emergenze economiche e finanziarie e anche sotto questi aspetti, avverte Tosetti, occorre agire con prontezza.

Qualche settimana fa, in tempi non sospetti, avevo lanciato un allarme sulla scarsa consapevolezza degli investitori nei confronti dei rischi che stavano correndo nei propri portafogli. La crisi scatenata dall’epidemia li ha riportati alla luce.
Era inevitabile, anche perché si è arrivati a tale evento con i mercati finanziari ai massimi storici. Al tempo stesso questa sarebbe l’occasione giusta per fare il punto della situazione, cercando di capire quali siano i rischi effettivi e i costi dei prodotti che si hanno in portafoglio. Temo però che stia prevalendo un atteggiamento diverso.

Quale?
Si cerca di capire se sia arrivato il momento di tornare a comprare o se si debba ancora ridurre la propria esposizione. Ma credo che sia un meccanismo errato, basato puramente sull’emotività, al quale l’investitore è stato purtroppo abituato.

Da chi?
Dagli addetti ai lavori, o almeno da alcuni di essi, che attraverso le loro campagne commerciali hanno cercato di cogliere l’occasione delle situazioni che si creano sul mercato per vendere prodotti, senza però conoscere le reali esigenze dei clienti e con lo scopo esclusivo di massimizzare i ricavi da commissioni.

Non è certo una storia nuova. Come si esce da questo vicolo cieco?
L’investitore si deve appunto fermare, mettere a un tavolino e riflettere sulla composizione del proprio portafoglio. In questa situazione occorre formulare domande ben precise a chi gestisce il patrimonio, capire in quali strumenti è custodito e quali sono i loro costi di gestione.

Un check-up completo quindi, tanto per ricorrere a termini medici.
Esatto, ed è in base a questo esame che si possono poi adottare decisioni di investimento, che non sono certo uguali per tutti. Credo che per chi abbia ancora una quota elevata di azionario, attorno al 40-50% per esempio, non è ancora opportuno muoversi, mentre chi è liquido può anche iniziare ad affacciarsi in acquisto. Occorre però prudenza, perché andremo necessariamente incontro a un periodo di dati macroeconomici non positivi e il mercato dovrà tenerne conto.

Sta forse dicendo che quel denaro parcheggiato dagli italiani nei depositi e che fino a qualche settimana attirava su di sé aspre critiche diventa adesso una risorsa preziosa?
In un patrimonio deve sempre esistere un equilibrio fra strumenti di investimento e liquidità, a maggior ragione in fasi come quella attuale nelle quali possono sorgere improvvise esigenze. Altro aspetto rilevante è la liquidabilità dei prodotti che si detengono, ovvero la possibilità di poterli smobilizzare all’occorrenza in tempi rapidi e senza perdite eccessive di denaro.

Pensa che questa eventualità non sia garantita per tutti in questo momento?
Purtroppo no, esistono prodotti che sono stati collocati con eccessiva disinvoltura, spesso perché generavano commissioni rilevanti a vantaggio di chi li distribuisce, e che se venduti adesso esporrebbero i risparmiatori a perdite non indifferenti. E il problema è che fra chi li ha sottoscritti non esiste piena consapevolezza di questo rischio.